13/11/2019
LIBRI
Nel 1978 Giorgio Bocca parlava delle radici catto-comuniste del terrorismo addossandone la colpa alle “due Chiese”, come le chiamava lui – quella cattolica e quella comunista –, che educando al massimalismo avrebbero creato le premesse per la lotta armata. Partendo da questa provocazione il libro fa una ricostruzione della grande mobilitazione seguita alla Contestazione, che vide al termine dell’autunno caldo del 1969 la nascita dei grandi movimenti cattolici nello spirito del Concilio e, contemporaneamente, lo scivolamento delle frange più rivoluzionarie verso la lotta armata. La grande frattura si registrò dopo l’esplosione del 12 dicembre 1969, alla Banca dell’Agricoltura, in piazza Fontana, a Milano. Un racconto accurato, attraverso scenari inediti ai quali la cronaca e la storiografia non hanno prestato, a oggi, la dovuta attenzione.
Il libro, frutto di una ricerca curata dall’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” (Roma), è diviso in capitoli che vivono ognuno di vita propria: la vicenda di Piazza Fontana – che accelera la deriva violenta di una generazione – e la morte del commissario Calabresi, l’azione di Prima Linea, la storia completa delle Brigate Rosse (con il racconto di Franco Bonisoli e Alberto Franceschini) e le dinamiche proprie del terrorismo di destra. Contiene il racconto delle antiche radici comuni fra movimenti cattolici e futuri brigatisti a Milano, al quartiere romano di Centocelle, a Reggio Emilia, e la scoperta della fede per molti di loro, una volta usciti dal carcere, o all’impegno nel volontariato. Guardando al caso Moro, in parallelo ai sequestri Dozier e Cirillo, restano aperti tutti gli interrogativi sulle circostanze che ne impedirono la liberazione.
Il filo conduttore viene fornito proprio dall’insegnamento di Aldo Moro, che incontrò i capi della contestazione e incoraggiò i movimenti cattolici, con l’obiettivo di una riconciliazione nazionale che ha avuto bisogno del suo sacrificio per potersi compiere. Il suo insegnamento ci dice che la sconfitta della lotta armata – e l’antidoto perché non riaccada – è nella corretta attuazione dei valori della Costituzione più che nelle leggi speciali, nel perdono delle vittime più che nel desiderio
di vendetta, nella carità “spiazzante” più che nella repressione, nella ricerca della verità che porti a una memoria condivisa più che in nuove contrapposizioni ideologiche.
Angelo Picariello, Un’azalea in via Fani. Da Piazza Fontana a oggi: terroristi, vittime, riscatto e riconciliazione, Edizioni San Paolo 2019, pp. 352, euro 25,00
ANGELO PICARIELLO, sposato, con due figli, vive a Roma. Nato ad Avellino, città in cui da giovanissimo è stato eletto due volte consigliere comunale, rivestendo anche l’incarico di assessore alla gioventù, è laureato in giurisprudenza e ha avviato la professione di giornalista nell’emittenza locale seguendo le vicende del dopoterremoto in Irpinia.
Ha lavorato per Il Giornale del Popolo di Lugano, La Discussione, Sat 2000. Dopo una lunga collaborazione, lavora dal 2000 per Avvenire come redattore parlamentare e segue l’informazione dal Quirinale. È anche collaboratore della sezione culturale, per la quale segue soprattutto i temi della storiografia politica e le vicende della riconciliazione dopo gli anni di piombo.
Ha scritto, per le Edizioni San Paolo, Capuozzo, accontenta questo ragazzo, una biografia di Giovanni Palatucci, ultimo questore di Fiume italiana, morto a Dachau dopo aver posto in salvo migliaia di ebrei.
L’ISTITUTO DI STUDI POLITICI “S. PIO V” (Roma) è impegnato negli studi e nella ricerca in tre aree: storico-politica; giuridico-economica; sociale, umanistica e linguistica. Questo libro è frutto di una ricerca curata dall’Istituto stesso.