21/09/2023
E’ sulla principale testata del Gruppo Editoriale San Paolo che Luciano Ligabue, rockstar classe 1960, si racconta in una lunga intervista – dall’infanzia alla tormentata fede - in occasione dell’uscita del suo nuovo album “Dedicato a noi”.
“Fatico ad accettare il momento che stiamo vivendo” – esordisce il cantante spiegando le ragioni che lo hanno spinto a scrivere un nuovo disco – “Sento molti psicologi che hanno in cura i ragazzi della Generazione Z che mi dicono che molti di loro non riescono più a immaginare un futuro. Pazzesco.”
A proposito di alcuni brani contenuti nell’album, racconta dei suoi valori che ne stanno alla radice: “La mia educazione è un miscuglio di cristianesimo e comunismo (…). Negli anni Settanta eravamo persuasi che certi valori, come l’impegno a ridurre il divario tra ricchi e poveri, sarebbero stati perseguiti, oggi non gliene frega niente a nessuno”. “Se Dio si sente solo (domanda tratta da una da uno dei brani) è perché lo stiamo abbandonando. Non è una questione di fede, ma di comportamento”. E nella stessa canzone elenca alcune paure nate dalla pandemia: “L’isolamento le ha aumentate. Dio è un antidoto, ci spinge alla speranza.”
Infine, l’incontro con Papa Francesco lo scorso 23 giugno, per cui ha “fatto di tutto per non mancare”: “Il Papa incarna molti di quei valori in cui credo. Ho conservato la copia del suo discorso.”